Il perfezionismo e la dipendenza dal lavoro

Il libro della Genesi nella Bibbia racconta che quando Dio creò il mondo, il sesto giorno trovò che era “molto buono”. Molto buono non vuol dire perfetto. Persino Dio prevedeva dei margini di miglioramento ma noi no, noi vogliamo la perfezione assoluta, la pretendiamo da noi stesse.

Forse non sai che la mania di perfezionismo è un chiaro sintomo di bassa autostima, in quanto rappresenta una versione dell’autocritica. Questa tendenza ha origine nell’infanzia quando, per essere “viste” dai genitori o da persone adulte di riferimento, ci impegnavamo tantissimo ma sembrava che nulla fosse mai abbastanza. Così, crescendo, ci siamo ritrovate a fare, a fare sempre di più. Tutto questo per ricevere ogni tanto un riconoscimento fugace, una lode passeggera. Ecco spiegato perché il perfezionismo è indice di bassa autostima: implica il bisogno dello sguardo degli altri per riconoscere il proprio valore.

Una persona che necessita di essere lodata per sentirsi brava è facilmente manipolabile. Spesso, soprattutto in ambito lavorativo, i datori di lavoro fanno leva sulla mania di perfezionismo per creare relazioni di dipendenza. Per spezzare questo meccanismo, c’è solo una cosa da fare: sradicare la convinzione che non sei abbastanza brava e darti il giusto valore; assumere che rispecchiare il tuo Io Autentico è più importante che essere “brava abbastanza”.Non si guarisce mai dalla tendenza al perfezionismo ma si può tenere a bada. Chiediti come vuoi spendere il tempo che hai a disposizione: preferisci soddisfare le aspettative di altri sulla tua persona o lasciare spazio per ciò che è importante per te?

La questione del perfezionismo legato al lavoro si rende più complessa quando il lavoro costituisce la nostra grande passione: è come un seduttore a cui siamo incapaci di resistere. Ecco perché il connubio tra il perfezionismo e l’innamoramento per il lavoro ha generato in epoca moderna una nuova forma di dipendenza: ciò che in inglese viene definito workaholism, la dipendenza da lavoro sfrenato. Il vero problema che ha permesso a questo tipo di dipendenza di diffondersi rapidamente è che non solo viene socialmente accettato, ma molto spesso addirittura incentivato. Oggi sta prendendo piede un altro fenomeno: il cosiddetto telelavoro, il lavoro da casa che viene concesso anche ai dipendenti, soprattutto donne. Bello e comodo lavorare da casa, vero? Ma qual è il rischio? Che non ci sia una separazione netta tra il tempo dedicato al lavoro e il tempo per sé. Il tempo impiegato nel tragitto da casa al lavoro può essere ottimizzato lavorando, quindi diciamo che si aggiungono due ore di lavoro alle otto già preventivate. E il weekend? È ottimo per “recuperare” ciò che non si è fatto in settimana. Così, se non stai attenta, finisci per trasformare la tua casa in un ufficio e ti dimentichi di tutto, perfino dei bisogni dei tuoi figli, perché “devi lavorare”.

Ecco alcune domande da farti per capire se sei diventata dipendente dal lavoro:

• Come definiresti il tuo ciclo di lavoro attuale? Pesante? Caotico? Opprimente?
• Esegui più compiti contemporaneamente per risparmiare tempo?
• Il lavoro più duro lo concentri al mattino o sei sempre sotto pressione?
• Analizza una settimana della tua vita lavorativa e fai uno schema in cui segnerai il tempo dedicato al lavoro e quello dedicato a te stessa (svago, famiglia, esercizio ecc.). Quanta parte del tuo tempo è dedicata al lavoro?

Se, in base alle risposte, ti rendi conto che la situazione ti è sfuggita di mano e che ti sei quasi dimenticata di te stessa e delle persone che ami, concentrandoti solo sul lavoro, è molto probabile che tu sia workaholic. Cosa fare per rimediare?

• Inizia con lo stabilire confini netti e decidi di farli rispettare.
• Con il tuo schema della settimana, modifica cinque voci (una al giorno) in modo da far sì che ogni giorno tu riesca a trovare tempo per te e per i tuoi cari.
• Pensa alla tua giornata lavorativa ideale. Se potessi lavorare ovunque e in qualunque contesto, dove sceglieresti di lavorare? Quante ore al giorno? Come vedi l’ambiente lavorativo intorno a te?
• Ora pensa al tuo lavoro attuale. Ci sono elementi comuni con quello ideale? C’è almeno un elemento ideale che puoi introdurre nel tuo ambiente di lavoro reale? Inizia proprio dalla tua realtà.

Ricorda, però, che il primo passo è sempre ammettere di avere un problema. Fino a quando ti farai un vanto di essere una perfezionista e di lavorare come una matta, nulla cambierà. Se non cambi prima il sistema di valori che governano la tua vita, sarai una facile preda dei meccanismi di dipendenza emotiva.

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